California- Dolomiti, un viaggio di sola andata. Anche se si tratta, in realtà, di un ritorno. Un ritorno in patria, in Italia, per cercare “giovani con il fuoco dentro, la voglia di emergere e creare una startup che parta già con l’idea di scalare, che in pochi mesi sia in grado di candidarsi al programma di Y Combinator, il più grande acceleratore del mondo”.
Il progetto di realizzare una startup che possa diventare il prossimo unicorno tutto italiano è di Fabrizio Capobianco, 53 anni, ingegnere informatico e serial entrepreneur. Un sognatore, sì ma anche un grande imprenditore e fondatore di due startup in Italia (Internet Graffiti e Stigma Online), e due in Silicon Valley (Funambol e TOK.tv).
Questo nuovo sogno a cui dedicherà anima e corpo si chiama Liquid Factory ed è stato lanciato a settembre. La sede non è una “city” come Milano, ma la Valtellina. In pieno stile Capobianco, che ama le sfide e andare controcorrente. Dopo 23 anni trascorsi in Silicon Valley – si legge in un articolo sul Corriere della Sera – ha deciso di tornare in Valtellina, dove è nato e cresciuto. “Ho imparato che bisogna pensare in grande. Le società con la più alta capitalizzazione al mondo sono tecnologiche, e noi siamo indietro nell’AIe e nella robotica. Bisogna creare imprese che abbiano l’ambizione di crescere».
L’idea di Capobianco è di selezionare quattro founder, per poi costituire quattro Srl innovative che riceveranno da Liquid Factory un investimento seed di 200mila euro, con una valutazione dell’azienda di un milione di euro. Si parte a gennaio. «L’obiettivo – spiega al Corriere – è farne entrare almeno una in un acceleratore della Silicon Valley». Poi aggiunge: «Su 16 startup che costruiremo in questi quattro anni ci basta che due o tre realizzino un’exit da 50 milioni di dollari. E una raggiunga lo status di unicorno, azienda del valore di un miliardo di euro».
Ma cosa significa investire nel nostro paese? Ha senso, dovendo scegliere, avere un’azienda in Italia o l’estero è sempre il luogo migliore per fare business?
Anche i nostri founder Pio e Lorenzo Fiorito vengono da un’esperienza all’estero, in Portogallo, decisamente positiva. Ma hanno poi scelto di tornare in Italia, dove è nata Dataz. Ne hanno parlato qualche tempo fa al Fatto Quotidiano:
«Cosa ha spinto nel 2019 i due fratelli a tornare e perché hanno scelto proprio il capoluogo lombardo? Qui arriva una risposta secca: i contatti. “Milano è una città frizzante, in cui se sei in procinto di creare qualcosa troverai sicuramente decine di persone interessate a conoscerti. Iniziare un business in una cultura che conosci, nella tua lingua e in un ambiente così dinamico ti dà sicuramente una spinta molto grande. Abbiamo riscoperto Milano come città del fare e ci ha conquistato”.
Una situazione opposta rispetto a quanto avvenuto durante il periodo universitario quando, appena arrivati dal Salento, “ho toccato con mano il gap che esiste tra i ragazzi del Nord e quelli del Sud in termini di opportunità avute”, ricorda Pio».
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